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DETRAZIONI FISCALI PER RESIDENTI NEI PAESI EXTRA UE/ CONFSAL UNSA USA: SIAMO STATI DETERMINANTI

“Grazie all’incessante attività sindacale della CONFSAL UNSA nonché alle continue sollecitazioni rivolte agli eletti all’estero, i quali, nel recepire le nostre richieste, si sono prontamente attivati nei confronti dell’Agenzia delle Entrate e del MEF, possiamo comunicare oggi a Voi tutti la pubblicazione della Circolare attuativa delle disposizioni che prevedono l’estensione del diritto alle detrazioni fiscali per familiari a carico anche ai residenti nei Paesi extra UE”. È quanto si legge in una nota del Coordinamento USA della CONFSAL UNSA ESTERI in cui si dà conto di una informazione giunta al sindacato dal Ministero degli esteri.

“L’Amministrazione – prosegue, infatti, la nota- ci ha testè confermato che procederà quanto prima alla diramazione di un Messaggio di istruzioni alle Sedi finalizzato alla raccolta delle richieste di detrazioni per famigliari a carico con decorrenza 1.1.2016. Tali importi verranno versati in seguito con i relativi conguagli nel corso del IV trimestre 2016”.

“Purtroppo – precisa il Coordinamento USA – dobbiamo segnalare che è stato possibile estendere tale beneficio fiscale unicamente ai Paesi che hanno sottoscritto con l’Italia un accordo sullo scambio di informazioni fiscali (Paesi della cosiddetta “White list”). Ciò non riguarda, ahinoi, la Svizzera considerata a tutt’oggi Paese della “Grey list”, poiché in attesa di essere inserita nella “White list”, passo che dovrebbe avvenire come ultimo termine entro il febbraio 2017, nel quadro di adempimenti giuridico-fiscali richiesti dall’Europa al Governo elvetico. Se ciò non dovesse verificarsi entro la fine del presente anno, la fruizione delle detrazioni slitterebbe per il personale interessato al 2017”.

Concludendo, dagli Stati Uniti sostengono che “ancora una volta la CONFSAL UNSA è stata determinante nella risoluzione della presente problematica”.

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CERTIFICATI NELL’UE: BASTA LEGALIZZAZIONE. LE NUOVE NORME

Oggi il Parlamento europeo ha adottato il regolamento proposto dalla Commissione per ridurre i costi e le formalità per i cittadini che devono presentare un documento pubblico in un altro paese dell’UE.

Attualmente i cittadini che si spostano o vivono in un altro paese dell’UE devono far legalizzare i loro documenti pubblici, come i certificati di nascita, di matrimonio o di morte, per dimostrarne l’autenticità. A norma del nuovo regolamento, quando si presenteranno documenti pubblici rilasciati in uno Stato membro dell’UE alle autorità di un altro paese dell’UE, la legalizzazione non sarà più necessaria.

l regolamento riguarda soltanto l’autenticità dei documenti pubblici, gli Stati membri continueranno dunque ad applicare le norme nazionali sul riconoscimento del contenuto e degli effetti dei documenti pubblici rilasciati in un altro paese dell’Unione.
Per Vera Jourová, Commissaria per la Giustizia, i consumatori e la parità di genere, sono “buone notizie per chi si sposta in un altro paese dell’UE ad esempio per studiare o lavorare. Spesso le procedure burocratiche per presentare un documento pubblico per potersi sposare o ottenere un lavoro nel paese in cui si vive sono lunghe e costose. Oggi abbiamo eliminato questi oneri burocratici per aiutare i cittadini a muoversi facilmente nell’Unione europea”.
Il nuovo regolamento eliminerà una serie di procedure burocratiche.

I documenti pubblici (ad esempio i certificati di nascita, di matrimonio o del casellario giudiziale) rilasciati in un paese dell’Unione dovranno essere accettati come autentici in un altro Stato membro senza necessità di legalizzazione (ad esempio con l’apostille).

Il regolamento elimina anche l’obbligo per i cittadini di fornire in tutti i casi una copia autenticata e una traduzione asseverata dei loro documenti pubblici. I cittadini potranno anche usare un modulo standard multilingue, disponibile in tutte le lingue dell’UE, da presentare come ausilio alla traduzione allegato al documento pubblico per evitare l’obbligo di traduzione.

Il regolamento stabilisce tutele contro le frodi: se l’autorità ricevente ha dubbi ragionevoli sull’autenticità di un documento pubblico, potrà verificarla con l’autorità di emissione nell’altro paese attraverso una piattaforma informatica esistente, il sistema di informazione del mercato interno o IMI.

Prossime tappe
Gli Stati membri hanno due anni e mezzo di tempo dalla data di entrata in vigore del regolamento per adottare tutti i provvedimenti necessari per consentirne la corretta applicazione al termine di questo periodo.

Circa 13 milioni di cittadini dell’UE vivono in un paese dell’Unione diverso dal proprio. Secondo un sondaggio di Eurobarometro, il 73% dei cittadini europei ritiene che si dovrebbero adottare misure per migliorare la circolazione dei documenti pubblici tra i paesi dell’UE. I cittadini spesso si lamentano della burocrazia e dei costi che devono sostenere per ottenere in un paese dell’Unione un documento pubblico che sia considerato autentico in un altro paese dell’UE. Queste formalità, che richiedono molto tempo, sono eccessive e inutili e pregiudicano il godimento da parte dei cittadini dei loro diritti sanciti nei trattati.

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MARCO FEDI (PD): ENTRA IN VIGORE IL DECRETO SUI “CERVELLI RIMPATRIATI” CON LE AGEVOLAZIONI FISCALI

“È stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale dell’8 giugno (ed è quindi entrato in vigore) il Decreto che dispone l’attuazione del regime speciale per i lavoratori cosiddetti “rimpatriati” disciplinati dall’articolo 16 del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 147”. A darne notizia è Marco Fedi, deputato Pd eletto all’estero.
Sono dunque diventate “ufficiali le disposizioni attuative che regolano il bonus introdotto dal Governo per tale categoria di lavoratori. Si ricorderà che in un mio recente comunicato avevo stigmatizzato il ritardo del MEF nell’emanare il decreto che avrebbe dovuto armonizzare l’intreccio delle normative introdotte negli ultimi anni a favore del “rientro dei cervelli” in Italia e che aveva generato confusione tra i soggetti potenzialmente interessati. Come si ricorderà l’articolo 16 (Regime speciale per lavoratori rimpatriati), comma 3, del d. lgs n.147 del 2015 stabiliva che con decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze, da emanarsi entro novanta giorni dalla data dell’entrata in vigore dello stesso d. lgs (7 ottobre 2015), sarebbero state adottate le disposizioni di attuazione per il coordinamento con le altre norme agevolative vigenti in materia, nonché relativamente alle cause di decadenza dal beneficio”.

“Il Decreto del MEF – spiega Fedi – stabilisce infatti che le agevolazioni fiscali di cui all’art. 16, comma 1, del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 147 – in pratica si tratta di una riduzione dell’imponibile del 30 per cento del reddito complessivo prodotto in Italia da soggetti che trasferiscono la residenza nel territorio dello Stato – trovano applicazione, a decorrere dall’anno 2016, per il periodo d’imposta del predetto trasferimento e per i successivi quattro, al verificarsi delle seguenti condizioni: a) i lavoratori non sono stati residenti in Italia nei cinque periodi di imposta precedenti il predetto trasferimento e si impegnano a permanere in Italia per almeno due anni; b) l’attività lavorativa è svolta presso un’impresa residente nel territorio dello Stato in forza di un rapporto di lavoro instaurato con questa o con società che direttamente o indirettamente controllano la medesima impresa, ne sono controllate o sono controllate dalla stessa società che controlla l’impresa; c) l’attività lavorativa è prestata nel territorio italiano per un periodo superiore a 183 giorni nell’arco di ciascun periodo d’imposta; d) i lavoratori svolgono funzioni direttive e/o sono in possesso dei requisiti di elevata qualificazione o specializzazione come definiti dai decreti legislativi 28 giugno 2012, n. 108, e 6 novembre 2007, n. 206. 2. Sono altresì destinatari delle medesime agevolazioni i cittadini dell’Unione europea, in possesso di un titolo di laurea che hanno svolto continuativamente un’attività di lavoro dipendente, di lavoro autonomo o di impresa fuori dall’Italia negli ultimi ventiquattro mesi o più, e i cittadini dell’Unione europea che hanno svolto continuativamente un’attività di studio fuori dall’Italia negli ultimi ventiquattro mesi o più, conseguendo un titolo di laurea o una specializzazione post lauream”.

Fedi, concludendo, sottolinea che “il Decreto del MEF dispone l’incompatibilità con la contemporanea fruizione dei benefici disposti dall’articolo 44 del Dl 78/2010, per il rientro dei “cervelli”, e la necessità di mantenere la residenza in Italia per almeno due anni, per non perdere le agevolazioni fiscali e non dover restituire quanto già fruito con l’aggiunta di sanzioni e interessi”.

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