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CERTIFICATI NELL’UE: BASTA LEGALIZZAZIONE. LE NUOVE NORME

Oggi il Parlamento europeo ha adottato il regolamento proposto dalla Commissione per ridurre i costi e le formalità per i cittadini che devono presentare un documento pubblico in un altro paese dell’UE.

Attualmente i cittadini che si spostano o vivono in un altro paese dell’UE devono far legalizzare i loro documenti pubblici, come i certificati di nascita, di matrimonio o di morte, per dimostrarne l’autenticità. A norma del nuovo regolamento, quando si presenteranno documenti pubblici rilasciati in uno Stato membro dell’UE alle autorità di un altro paese dell’UE, la legalizzazione non sarà più necessaria.

l regolamento riguarda soltanto l’autenticità dei documenti pubblici, gli Stati membri continueranno dunque ad applicare le norme nazionali sul riconoscimento del contenuto e degli effetti dei documenti pubblici rilasciati in un altro paese dell’Unione.
Per Vera Jourová, Commissaria per la Giustizia, i consumatori e la parità di genere, sono “buone notizie per chi si sposta in un altro paese dell’UE ad esempio per studiare o lavorare. Spesso le procedure burocratiche per presentare un documento pubblico per potersi sposare o ottenere un lavoro nel paese in cui si vive sono lunghe e costose. Oggi abbiamo eliminato questi oneri burocratici per aiutare i cittadini a muoversi facilmente nell’Unione europea”.
Il nuovo regolamento eliminerà una serie di procedure burocratiche.

I documenti pubblici (ad esempio i certificati di nascita, di matrimonio o del casellario giudiziale) rilasciati in un paese dell’Unione dovranno essere accettati come autentici in un altro Stato membro senza necessità di legalizzazione (ad esempio con l’apostille).

Il regolamento elimina anche l’obbligo per i cittadini di fornire in tutti i casi una copia autenticata e una traduzione asseverata dei loro documenti pubblici. I cittadini potranno anche usare un modulo standard multilingue, disponibile in tutte le lingue dell’UE, da presentare come ausilio alla traduzione allegato al documento pubblico per evitare l’obbligo di traduzione.

Il regolamento stabilisce tutele contro le frodi: se l’autorità ricevente ha dubbi ragionevoli sull’autenticità di un documento pubblico, potrà verificarla con l’autorità di emissione nell’altro paese attraverso una piattaforma informatica esistente, il sistema di informazione del mercato interno o IMI.

Prossime tappe
Gli Stati membri hanno due anni e mezzo di tempo dalla data di entrata in vigore del regolamento per adottare tutti i provvedimenti necessari per consentirne la corretta applicazione al termine di questo periodo.

Circa 13 milioni di cittadini dell’UE vivono in un paese dell’Unione diverso dal proprio. Secondo un sondaggio di Eurobarometro, il 73% dei cittadini europei ritiene che si dovrebbero adottare misure per migliorare la circolazione dei documenti pubblici tra i paesi dell’UE. I cittadini spesso si lamentano della burocrazia e dei costi che devono sostenere per ottenere in un paese dell’Unione un documento pubblico che sia considerato autentico in un altro paese dell’UE. Queste formalità, che richiedono molto tempo, sono eccessive e inutili e pregiudicano il godimento da parte dei cittadini dei loro diritti sanciti nei trattati.

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MARCO FEDI (PD): ENTRA IN VIGORE IL DECRETO SUI “CERVELLI RIMPATRIATI” CON LE AGEVOLAZIONI FISCALI

“È stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale dell’8 giugno (ed è quindi entrato in vigore) il Decreto che dispone l’attuazione del regime speciale per i lavoratori cosiddetti “rimpatriati” disciplinati dall’articolo 16 del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 147”. A darne notizia è Marco Fedi, deputato Pd eletto all’estero.
Sono dunque diventate “ufficiali le disposizioni attuative che regolano il bonus introdotto dal Governo per tale categoria di lavoratori. Si ricorderà che in un mio recente comunicato avevo stigmatizzato il ritardo del MEF nell’emanare il decreto che avrebbe dovuto armonizzare l’intreccio delle normative introdotte negli ultimi anni a favore del “rientro dei cervelli” in Italia e che aveva generato confusione tra i soggetti potenzialmente interessati. Come si ricorderà l’articolo 16 (Regime speciale per lavoratori rimpatriati), comma 3, del d. lgs n.147 del 2015 stabiliva che con decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze, da emanarsi entro novanta giorni dalla data dell’entrata in vigore dello stesso d. lgs (7 ottobre 2015), sarebbero state adottate le disposizioni di attuazione per il coordinamento con le altre norme agevolative vigenti in materia, nonché relativamente alle cause di decadenza dal beneficio”.

“Il Decreto del MEF – spiega Fedi – stabilisce infatti che le agevolazioni fiscali di cui all’art. 16, comma 1, del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 147 – in pratica si tratta di una riduzione dell’imponibile del 30 per cento del reddito complessivo prodotto in Italia da soggetti che trasferiscono la residenza nel territorio dello Stato – trovano applicazione, a decorrere dall’anno 2016, per il periodo d’imposta del predetto trasferimento e per i successivi quattro, al verificarsi delle seguenti condizioni: a) i lavoratori non sono stati residenti in Italia nei cinque periodi di imposta precedenti il predetto trasferimento e si impegnano a permanere in Italia per almeno due anni; b) l’attività lavorativa è svolta presso un’impresa residente nel territorio dello Stato in forza di un rapporto di lavoro instaurato con questa o con società che direttamente o indirettamente controllano la medesima impresa, ne sono controllate o sono controllate dalla stessa società che controlla l’impresa; c) l’attività lavorativa è prestata nel territorio italiano per un periodo superiore a 183 giorni nell’arco di ciascun periodo d’imposta; d) i lavoratori svolgono funzioni direttive e/o sono in possesso dei requisiti di elevata qualificazione o specializzazione come definiti dai decreti legislativi 28 giugno 2012, n. 108, e 6 novembre 2007, n. 206. 2. Sono altresì destinatari delle medesime agevolazioni i cittadini dell’Unione europea, in possesso di un titolo di laurea che hanno svolto continuativamente un’attività di lavoro dipendente, di lavoro autonomo o di impresa fuori dall’Italia negli ultimi ventiquattro mesi o più, e i cittadini dell’Unione europea che hanno svolto continuativamente un’attività di studio fuori dall’Italia negli ultimi ventiquattro mesi o più, conseguendo un titolo di laurea o una specializzazione post lauream”.

Fedi, concludendo, sottolinea che “il Decreto del MEF dispone l’incompatibilità con la contemporanea fruizione dei benefici disposti dall’articolo 44 del Dl 78/2010, per il rientro dei “cervelli”, e la necessità di mantenere la residenza in Italia per almeno due anni, per non perdere le agevolazioni fiscali e non dover restituire quanto già fruito con l’aggiunta di sanzioni e interessi”.

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RIFORMA COMITES E CGIE: PARERI AL CDP ENTRO IL 31 LUGLIO

Come anticipato dal segretario generale Michele Schiavone a margine del recente Comitato di Presidenza, il Consiglio generale degli italiani all’estero ha avviato una consultazione sulla riforma degli organismi di rappresentanza degli italiani all’estero.
È proprio Schiavone a firmare la lettera inviata ai Consiglieri del Cgie, a Comites e Associazioni in cui si esorta ad inviare un contributo su Cgie e Comites del futuro, entro il 31 luglio. Questo per rispondere anche alle sollecitazioni del sottosegretario Amendola che, a più riprese dalla plenaria in poi, aveva auspicato una “spinta dal basso” per arrivare ad una riforma “più condivisa possibile”.

Il testo della lettera.

“Il Comitato di presidenza del Cgie, riunito a Roma dal 23 al 25 maggio, è unanime nel ritenere che tutti i livelli di rapprsentanza degli italiani all’estero siano chiamati, in base ai dettami delle rispettive leggi istitutive e statuti, a contribuire alla elaborazione di una proposta di riforma di Comites e Cgie.

A questo fine, (il Cdp) invita tutti i consiglieri del Cgie ad avviare una consultazione allargata a tutti i consiglieri dei Comites insieme alle associazioni presenti nei rispettivi territori sulla natura, le funzioni e i compiti, non basata soltanto sul presente, ma proiettata nel futuro di tali organismi, nel quadro dell’intera piramide della rappresentanza degli italiani all’estero che culmina con la presenza dei parlamentari eletti all’estero.

In questa visione, ci si dovrà esprimere facendo riferimento anche ai possibili risultati del referendum di ottobre, vale a dire:
– da un lato, alla conferma referendaria della riforma del Sneato, da cui sono esclusi i 6 senatori eletti all’estero, creando quindi l’esigenza di rifedinire il rapporto delle comunità attraverso Comites e Cgie con le regioni e le autonomie territoriali;
– dall’altro, alla eventuale mancata approvazione referendaria con la conseguenza che i parlamentari eletti all’estero rimangono anche al Senato e prevedere due soluzioni diverse che rispondano alle due situazioni possibili.

Soltanto dalla definizione della natura di Comites e Cgie potrà discendere la precisazione dei loro: Rispettivi compiti; composizione; meccanismo elettorale; incandidabilità e ineleggibilità di alcune categorie di persone; coinvolgimento attivo degli esponenti della nuova emigrazione; organi interni di Comites e Cgie; altro, che reputeranno utile.

Tutti i suggerimenti vanno gentilmente inoltrati a cgie.segreteria@esteri.it entro il 31 luglio 2016.

Ringraziandovi per la cortese attenzione, in attesa di vostre comunicazioni inviamo i più cordiali saluti e auguri di buon lavoro”.

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